Interno, giorno -Dialogo sul silenzio

Pensando alle opere di Antonioni ho colto il primo concetto che istintivamente –inevitabilmente- mi è affiorato alla mente: l’incomunicabilità. Ricordo che durante tutti gli anni ’70 e oltre, alla prima di ogni film di Antonioni si sapeva cosa si andava a vedere: interminabili -bellissime- inquadrature che si soffermavano su un dettaglio, un oggetto, un taglio di luce; piani-sequenza che rincorrevano il filo elettrico su una parete per intercettare solo all’ultimo il personaggio per poi proseguire oltre, nel paesaggio, all’infinito. A volte gli interni si prolungavano verso l’esterno senza soluzione di continuità e allo stesso modo gli animi dei personaggi si perdevano in orizzonti sconfinati come quelli della piana del Delta, cercandosi all’infinito senza riuscire a incontrarsi mai.
Il mio lavoro è diventato una specie di dialogo impossibile fra due oggetti che non possono dialogare : il vecchio interruttore scollegato (ma il dato naturalistico non importa tanto) sembra cercare di rapportarsi al quadro che si intravede rappresentato in basso girato contro la parete. Il centro della mia composizione non ha un soggetto: la parete riflette la luce di una finestra fuori campo e diventa quasi una composizione astratta alla Rothcko , a suggerire, come il retro del quadro appoggiato alla parete, i frequenti “camei” costituiti dai dipinti di autori che Antonioni amava e che non mancava di inserire nelle sue scene. La decorazione bicolore della parete rimanda a un “esterno” nel quale si potrebbe addirittura riconoscere un lontano orizzonte. Il tutto avviene nel silenzio.
Lidia Bagnoli, Budrio, 2022
Ponti


















Le città invisibili

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